Il senso e il contenuto del progetto Respect: Stop violence against women

Nelle società della soggettività diffusa e delle individualità spinta all’eccesso, ecco che emergono, accanto a figure di donne che hanno una famiglia, lavorano, ricoprono posizioni di responsabilità, altre donne che non riescono a dispiegare appieno le proprie potenzialità e altre ancora che rimangono segregate all’interno delle mura domestiche, nascoste e misconosciute fino a quando non diventano protagoniste dei fatti di cronaca.

Nonostante la parità di genere sia uno dei principi fondamentali della Costituzione italiana e nonostante negli anni si siano succedute le disposizioni normative e le iniziative concrete per rendere effettivo tale principio, permangono, all’interno del corpo sociale e nei diversi ambiti della vita quotidiana, forti elementi di discriminazione, che nei loro tratti più estremi ed arretrati arrivano alla misoginia e sfociano nella vera e propria violenza.

E per violenza non si intende solo lo stupro o la violenza fisica, ma anche la violenza psicologica, fatta di insulti, intimidazioni, umiliazioni, minacce; e quella economica, esercitata da uomini che impediscono alla propria partner di avere autonomia di spesa, costringendola ad un’assoluta dipendenza.

Il progetto RESPECT: Stop violence against women è realizzato dal Censis con il contributo del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri nell’ambito dei “progetti volti alla prevenzione e al contrasto della violenza alle donne anche in attuazione della Convenzione di Istanbul”.

L’intera proposta progettuale intende contribuire a cambiare la cultura che è alla radice della violenza di genere, con un percorso che - a partire dal riconoscimento del valore sociale delle donne - svela, fa conoscere e rende consapevoli degli stereotipi e dei pregiudizi presenti e diffusi all’interno del corpo sociale. Si tratta di un’azione culturale decisiva e incisiva su beneficiari diversi per ottenere risultati concreti nella prevenzione della violenza.

Obiettivo del progetto è quello di innescare una riflessione collettiva sul valore sociale della donna che aiuti a promuovere un cambiamento nei comportamenti socioculturali, al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni, pratiche basate su stereotipi. Tutte le attività realizzate sono inoltre finalizzate ad incrementare conoscenza, comprensione e consapevolezza delle diverse forme di violenza, rendendo riconoscibili le loro radici culturali anche nel quotidiano, laddove sono più facilmente contrastabili.

Respect utilizza linguaggi e metodologie diversi, da quelli della ricerca sociale, alla elaborazione statistica, alla fotografia, alla grafica per costruire una grande Campagna di animazione, comunicazione e sensibilizzazione sul valore sociale della donna e del suo ruolo, sugli stereotipi e i pregiudizi impliciti ed espliciti della società di oggi, sui comportamenti discriminatori e i relativi rischi in termini di comportamenti violenti.

Nell’ambito del progetto è stata condotta un’indagine su un campione nazionale di popolazione, che ha avuto l’obiettivo di evidenziare il contributo che danno le donne nei diversi ambiti della vita quotidiana (dalla casa, alla famiglia, al lavoro..) e nelle diverse età della vita, di enucleare gli stereotipi e i comportamenti discriminatori presenti all’interno del corpo sociale, con particolare attenzione a quelli sommersi e poco compresi. I dati così rilevati sono stati integrati da un’analisi di materiale documentario e fonti dati esistenti, permettendo di costruire un giacimento statistico e informativo unico e un materiale di analisi e di riflessione sulle forme concrete in cui si esplicano gli stereotipi, i pregiudizi, i comportamenti discriminatori.

A corredo dell’indagine sociologica è stata realizzata un’indagine artistica, che ha prodotto il content della Mostra fotografica “Un mondo senza donne”, ospitata nella Casa dei Diritti e delle Differenze di Genere “Carla Zappelli Verbano” del Terzo Municipio della Città di Roma e accompagnata da un palinsesto articolato di eventi, tra cui risultano centrali le visite organizzate per gli studenti delle scuole secondarie del territorio.  La mostra si  articola in due sezioni:

- la prima sezione, intitolata Atlante della Misoginia, ha come oggetto la toponomastica nello spazio urbano, intesa come “grado zero” di monumentalità e di riconoscimento sociale. I capoluoghi di tutte le regioni italiane sono rappresentati con immagini scattate dall’alto, rimuovendo le vie e le piazze intitolate a personaggi femminili. Le fotografie permettono di osservare la residualità della presenza femminile, ma anche la lenta evoluzione culturale del paese nella diffusione spaziale delle strade dedicate alle donne: provenienti dalla tradizione ecclesiastica nelle vie centrali, che si sono distinte in altri campi nelle più recenti strade periferiche;

- nella seconda parte della mostra, intitolata Bellezze d’Italia, ci si sofferma su come è stato rappresentato nei secoli un topos della storia dell’arte, ovvero l’episodio “Susanna e i vecchioni” tratto dal Libro di Daniele dell’Antico Testamento. Il testo narra delle molestie ai danni della giovane e bella Susanna da parte di due anziani giudici che minacciano di accusarla di adulterio se la donna non si concede loro. Di fronte al diniego, i due portano Susanna in tribunale e sarà l’intervento del profeta Daniele a scagionarla. L’episodio è stato rappresentato da moltissimi artisti italiani, da Tintoretto, al Guercino, ad Artemisia Gentileschi sino a Salvatore Fiume e Milo Manara. Il modo in cui viene rappresentato il tentativo di stupro è raccontato all’interno della mostra utilizzando la tecnica del collage e mostrando l’evolversi dei rapporti tra uomo e donna nel corso dei secoli.

Particolare attenzione è stata dedicata alle giovani generazioni: nel corso del Progetto sono stato formati 8 agenti del cambiamento che, a loro volta, hanno sensibilizzato migliaia di giovani sportivi alle tematiche delle differenze di genere e alla non violenza in un’attività peer to peer. In particolare, gli agenti del cambiamento hanno animato i social hub, stand mobili collegati ad internet allestiti in occasione di 20 eventi sportivi tenutisi nella città di Roma. All’interno dei social hub sono stati distribuiti i materiali informativi e i gadget del progetto: brochure, borracce, sacche porta scarpe e cartoline con messaggi evocativi. Oltre 1.000 giovani di età compresa tra i 15 e i 30 anni hanno inoltre compilato un questionario sulla parità di genere nello sport.

Il Catalogo che si presenta nelle pagine che seguono è un ulteriore esito del Progetto: nella prima parte vengono presentati alcuni dei risultati delle attività di analisi sociale; nella seconda e terza parte sono raccolte le immagini tratte dalle due sezioni della Mostra fotografica “Un mondo senza donne”. Ma il Catalogo non vuole essere solo uno strumento di consultazione e di sensibilizzazione; come descritto alla fine di questo testo, è esso stesso uno dei veicoli di diffusione dei risultati del Progetto al grande pubblico, una sorta di Mostra portatile costruita in forma modulare e scomponibile. Sono sufficienti due Cataloghi per ricomporre (e riproporre) “Il mondo delle donne” anche in altri contesti.

Tutto il Progetto è stato accompagnato da un’attività di comunicazione sui media tradizionali e social media (facebook, twitter, instagram) finalizzata a disseminare al grande pubblico contenuti e risultati delle attività progettuali.