Comunicati Stampa

Il capitolo «Lavoro, professionalità, rappresentanze» del 57° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2023

Roma, 1 dicembre 2023 – La mobilità territoriale del lavoro accresce i divari. Il saldo tra iscrizioni e cancellazioni anagrafiche da altri comuni d’Italia rivela che per il Mezzogiorno le cancellazioni superano le iscrizioni di oltre 68.000 unità nel 2022, mentre le altre ripartizioni geografiche mostrano tutte saldi positivi, in particolare il Nord-Est (+30.553). Nel 2021 più di 158.000 persone hanno lasciato l’Italia per l’estero: di queste, circa 43.000 erano residenti nelle regioni meridionali. Nel 2022 il numero degli espatri si ferma a 132.000, con una riduzione del 16,7% rispetto all’anno prima. Ma la quota del Mezzogiorno resta comunque elevata: circa 34.000 uscite. Tra il 2012 e il 2022 i giovani meridionali occupati si sono ridotti del 12,1% (188.000 in meno). Tutte le ripartizioni hanno subito una riduzione degli occupati con una età compresa tra i 15 e i 34 anni, ma il dato del Sud supera quello delle aree del Centro-Nord (-173.000).

Il senso del lavoro, tra disaffezione e ricerca di nuove opportunità. Per il 62,7% degli italiani il lavoro non è più centrale nella vita delle persone: il senso che viene attribuito al lavoro discende direttamente dal reddito che se ne ricava. È il segno di un certo distacco rispetto al lavoro come fattore identitario della persona: un punto di vista diverso rispetto al passato, più laico nei confronti di quella «religione del lavoro» che ha orientato scelte e comportamenti di tante persone nei decenni passati. Il forte rimbalzo dell’economia dopo le restrizioni del 2020 dipendenti dalla pandemia ha determinato una espansione della base occupazionale, con una netta riduzione degli inattivi e delle persone in cerca di lavoro. Così, se nel 2019 il numero delle dimissioni volontarie si attestava poco sopra le 800.000 unità, nel 2022 ha superato il milione, con un incremento significativo: +236.000 ovvero +29,2%). Il tasso di ricollocazione, che indica il reimpiego entro tre mesi dalle dimissioni, è anch’esso cresciuto, passando dal 63,2% del 2019 al 66,9% del 2022. La motivazione principale che spinge le persone a cercare un nuovo lavoro è l’attesa di un guadagno maggiore (per il 36,2% degli occupati) e l’interesse per prospettive di carriera migliori (36,1%).

Un cambio di passo nella qualità dell’occupazione? La recente fase espansiva dell’occupazione ha portato a un recupero dei livelli di impiego precedenti la pandemia. Il numero degli occupati nel 2022 rispetto a quattro anni fa si attesta sui 60.000 in più (+0,6%). Si registra tra i due anni una variazione negativa del 2,2% delle professioni qualificate e tecniche. All’opposto, aumentano i dirigenti e gli imprenditori del 6,2%, gli impiegati dell’8,5%. L’area del personale non qualificato perde invece circa 14.000 addetti. Insomma, un quadro di ricomposizione dell’occupazione in Italia, dopo la grande sospensione dovuta alla pandemia. Resta da verificare se si tratti di un recupero in continuità con il decennio che si è avvitato in una condizione di stagnazione figlia della bassa crescita economica del Paese e si è chiuso con la crisi del 2020. Gli ultimi mesi mostrano una maggiore intensità nel processo di crescita delle professioni più elevate (qualificate e tecniche: +5,4%) e della categoria impiegatizia (+1,6%), mentre si riducono operai e artigiani (-0,6%), e si riduce il personale non qualificato. Resta però molto diffusa l’opinione che il lavoro oggi disponibile sia poco qualificato e sottopagato: è l’opinione del 76,1% degli italiani.

Il lavoro indipendente e la parabola delle professioni: il caso degli avvocati. A cavallo della pandemia (2018-2022) il lavoro indipendente in Italia si riduce del 5,5%, con il principale contributo negativo proveniente dai lavoratori autonomi (247.000 in meno: -8,1%). Si riduce anche la consistenza dei liberi professionisti (-5,3%), mentre gli imprenditori vanno in controtendenza, con un aumento del 27,0% in quattro anni. In particolare, oggi gli avvocati in Italia sono poco più di 240.000 (facendo riferimento agli iscritti alla Cassa Forense e comprendendo i pensionati contribuenti): se ne contano 4,1 ogni mille abitanti. Nel 2022 gli iscritti si sono ridotti dello 0,7% rispetto al 2021. A partire dall’anno accademico 2000-2001 il numero degli iscritti all’università a un gruppo giuridico (a un corso di laurea triennale, magistrale o magistrale a ciclo unico) cala drasticamente di oltre 120.000 unità, passando da un totale di 265.509 studenti agli inizi del 2000 a 143.371 studenti nell’anno accademico 2021-2022. Di conseguenza, anche il numero di laureati subisce una contrazione del 13,2%, attestandosi su un totale di poco superiore alle 20.000 unità nell’ultimo anno accademico. I risultati dell’ultima indagine sull’avvocatura condotta dal Censis evidenziano che il 27,9% dei giovani avvocati ritiene abbastanza critica la propria situazione, e il 22,1% molto critica, a causa del poco lavoro e di una generalizzata incertezza nella professione.

La cooperazione per una crescita inclusiva e socialmente sostenibile. La cooperazione rappresenta un pilastro fondamentale dell’economia del Paese, contando su una base produttiva di oltre 75.000 cooperative che nel 2022 hanno fatturato complessivamente 161 miliardi di euro. Agisce da forte fattore di inclusione e partecipazione attraverso il coinvolgimento di 13,5 milioni di soci e di 1,3 milioni di lavoratori. La componente femminile dell’occupazione raggiunge il 61,0% ed è al 26,6% la quota di donne impegnate nella governance delle cooperative (10 punti percentuali in più rispetto a quanto accade nelle altre forme di impresa). Negli ultimi dieci anni la cooperazione di abitazione ha realizzato 87.000 nuovi alloggi (950.000 dal 1950 a oggi), il 20% dei quali è destinato alla locazione con canoni inferiori del 20-30% rispetto a quelli medi di mercato.

1 Dicembre 2023