Se il risparmio non diventa investimento per la protezione sociale
Tra i processi di cambiamento del dopo crisi, ne spiccano due che hanno esiti decisivi per il welfare del prossimo futuro:
- il blocco del sentiero che va dal risparmio degli italiani alle sue destinazioni, con il rigonfiarsi di una bolla di cash e la connessa persistente difficoltà di affermazione degli strumenti di welfare integrativo;
- il mutare della collocazione della linea di confine reale tra i bisogni sociali coperti dal welfare pubblico e quelli finanziati con risorse familiari private, con un impatto rilevante sul benessere della comunità e sulla stessa mission della protezione sociale.
È su tali processi e le loro interazioni che si è esercitata l’analisi e l’interpretazione del Censis in collaborazione con il Forum ANIA-Consumatori.
Il welfare del nostro Paese è infatti formato da molti soggetti che insieme animano un complesso ecosistema in rapida evoluzione.
Ogni proposta o soluzione operativa che voglia incidere su tale ambito deve potersi misurare con almeno due dimensioni fondamentali: quella dell’utilizzo del risparmio verso finalità di welfare e quella del confine tra il pubblico e il privato.
Il contesto: meno potere d’acquisto, meno consumi, più cash cautelativo
Ad oltre 10 anni dalla crisi economica, la mancata ripresa genera insicurezza e incertezza e condiziona gestione del reddito, abitudini di spesa e destinazioni del risparmio dei cittadini, acuendo le disuguaglianze. A rivelarlo sono i principali indicatori economici:
- il Pil segna -3,3% nel 2018 rispetto al 2008;
- il 20% più benestante degli italiani dispone del 68,8%% delle ricchezze, mentre il 20% meno abbiente dell’1,1%;
- nel 2016-2017 la spesa per consumi delle famiglie operaie registra -1,1%, quella delle famiglie di imprenditori +1,8%;
- il 38% degli italiani ritiene che le opportunità di migliorare nella vita sono in Italia meno eque rispetto a 30 anni fa.
L’economia che arranca fa da scenario a disparità che crescono, alla contrazione del welfare pubblico ed al connesso decollo del cash cautelativo detenuto dalle famiglie, che mette al riparo da spese impreviste su ambiti, dalla salute al futuro dei figli, sempre meno coperti: dal 2008 al 2018 si registra un +17,1% come variazione percentuale dei contanti nei portafogli delle famiglie italiane.
Il clivage del rapporto con il risparmio
Risparmiare è storicamente una virtù delle famiglie italiane, però in questa congiuntura economica non a tutti è consentito ed è una variabile che molto incide sulle capacità di utilizzare risorse per acquistare servizi e prestazioni di welfare.
Dai dati emerge che:
- il 35,9% degli italiani non risparmia, il 64,1% sì: di questi, il 25,2% risparmia fino al 5% del proprio reddito mensile, il 23,6% tra il 6% e il 15%, il 10,5% tra il 15% e il 20% ed il 4,9% oltre il 20%;
- il risparmio è cautelativo poiché serve in primo luogo a coprire in le spese per situazioni avverse inattese (66,1%), poi consente di sentirsi con le spalle coperte (52,3%) e costruire una vecchiaia serena (44,9%).
Il timore di spese impreviste prevale sul resto: così, chi può, ricorre al cash per parare i colpi di eventi inattesi che occorre affrontare da soli.
L’impatto della spesa privata sui budget familiari e l’erosione della copertura del welfare pubblico
Con l’erosione della copertura del welfare pubblico cresce il ricorso alla spesa privata. Nessuno ne è al riparo, ma meno si risparmia e più tali spese pesano sui budget familiari. Infatti:
- le spese private per welfare incidono molto o abbastanza sul reddito familiare dell’85,6% dei non risparmiatori, dell’84,2% di chi risparmia fino al 5% del reddito familiare mensile e del 76% di chi risparmia quote superiori;
- il 72,7% degli italiani almeno in una occasione in corso d’anno avendo bisogno di una prestazione di welfare disponibile nel pubblico a titolo gratuito o a costo contenuto, è comunque ricorso al privato pagando per intero di tasca propria;
- il 71,8% delle persone ha acquistato di tasca propria visite mediche specialistiche, il 45,6% cure odontoiatriche, il 39,3% accertamenti diagnostici, il 29,2% farmaci;
- in materia di salute, per il 42,9% il ricorso al privato è dovuto al fatto nel welfare pubblico sono disponibili i servizi e le prestazioni di cui si ha bisogno ma i tempi e le modalità di accesso non sono adeguati, per il 40,7% al fatto che nel pubblico non ci sia tutto ciò di cui ha bisogno, per il 16,3% non ci sarebbe bisogno di ricorrere al privato perché l’offerta pubblica è adeguata;
- sul welfare pubblico in generale, per il 63,4% degli italiani garantisce solo le prestazioni di base il resto bisogna pagarselo da soli, per il 19,9% non garantisce nemmeno le prestazioni essenziali di base, per il 16,6% garantisce le prestazioni di cui si ha bisogno.
Dati che esplicitano lo spostamento dal confine tra pubblico e privato, con l’ampliamento visibile di quest’ultimo.
Poca conoscenza e attenzione ai benefici futuri: la (lunga) strada verso il welfare integrativo
Cresce la spesa privata nel welfare, ma rimangono al palo le forme di welfare integrativo, a causa di una scarsa conoscenza e mancata presa di coscienza delle opportunità ad esse legate. Infatti:
- solo il 20% degli italiani conosce bene gli strumenti di sanità integrativa, il 23,3% quelli di previdenza complementare, il 15,6% quelli di tutela dalla non autosufficienza;
- il 66,5% di chi risparmia è favorevole a destinare quote di risparmio verso forme di protezione complementari: per il 53,9% però, il favore è condizionato da cosa otterrebbe a fronte degli sforzi, ossia dalle caratteristiche dei prodotti di welfare integrativo.
Un'agenda di cose utili
Il sentiero che va dal risparmio al welfare integrativo è oggi interrotto. Occorre dunque individuare strumenti, azioni, proposte capaci di riattivarlo, facendo uscire le famiglie da quella logica del “fai da te” che individualizza i rischi e amplifica iniquità e disuguaglianze.
L’Italia, come molti paesi occidentali, attraversa rispetto al welfare una fase cruciale di trasformazione: ieri, i sistemi pubblici coprivano gran parte dei bisogni, anche grazie alla predominanza dei contribuenti attivi rispetto alla popolazione anziana, protetta comunque dalle reti familiari. Oggi, la copertura pubblica stenta a coprire adeguatamente le prestazioni e lo “tsunami d’argento” di popolazioni che sopravvivono sempre più a lungo implica sfide e interrogativi.
Molti sono i fronti aperti: in tema di sanità, il cambiamento è trainato dal progresso medico-scientifico e tecnologico; in tema di assistenza, aumenta l’attenzione verso nuovi sistemi di health management per le cure di lungo termine e la gestione delle cronicità; nella previdenza complementare, la situazione è ancora lontana dalla maturità: adesioni e risorse accantonate insufficienti; scarsa partecipazione di donne, giovani, lavoratori delle aree meridionali e delle piccole imprese.
“Welfare” in un paese come l’Italia significa anche, più in generale, protezione dagli eventi che possano compromettere la sfera esistenziale dei singoli, come la sicurezza delle famiglie, la salvaguardia del tessuto imprenditoriale e del lavoro, l’integrità delle abitazioni.
Per questo è importante:
- diffondere e rafforzare l’informazione sui vari strumenti;
- costruire un quadro di regole omogeneo per chi opera nel welfare integrativo;
- promuovere una fiscalità amica del welfare integrativo;
- migliorare l’offerta con soluzioni flessibili, personalizzate, più calibrate sulla complessità dei bisogni delle persone e dei territori.
Le nuove tutele sociali sono essenziali per non far spostare ulteriormente la linea di confine tra welfare pubblico e privato, riducendo la spesa privata in capo alle famiglie e mutualizzando i rischi.
Nella ricostruzione dei legami che il nuovo welfare consente, vi sarebbe un valore aggiunto più ampio nel rispondere alla crescente insicurezza ed alla connessa sfiducia che mina il rapporto tra cittadini e istituzioni di ogni tipo.
Il rinsaldarsi dei legami comunitari parte anche dalla nuova condivisione dei rischi e dei costi, insita nel riampliamento delle tutele sociali garantito dal welfare multipilastro e dal riconoscimento del ruolo del welfare integrativo.
La fiducia dei cittadini nel destino comune della comunità e nei diversi soggetti che tengono insieme il corpo sociale rinasce se il senso di solitudine e insicurezza sociale è ammortizzato attraverso una offerta di protezione all’altezza delle aspettative.
Alcune indicazioni metodologiche
I dati di survey sono riferiti ad una indagine su un campione nazionale rappresentativo di 1.000 italiani maggiorenni realizzato nel periodo dal 10/10/2018 al 19/10/2018.
Le interviste sono state condotte attraverso la tecnica mista CATI (Computer Assisted Telephone Interviewing) - CAWI (Computer Assisted Web Interviewing). Il disegno campionario ha previsto numerosità proporzionali all’universo di riferimento stratificato per genere, classe d'età, aree territoriali e dimensioni dei comuni di residenza.
I dati strutturali sono tratti da fonti diverse e in particolare:
- i dati macroeconomici (ad esempio l’andamento del Pil) da Istat;
- i dati sulla distribuzione della ricchezza per famiglie da Bilanci delle famiglie anno 2016 di Banca d’Italia;
- i dati sulle opportunità per le persone di migliorare la vita da Eurobarometro dicembre 2017.