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Il capitolo «Lavoro, professionalità, rappresentanze» del 51° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2017

Roma, 1 dicembre 2017 – Giovani e lavoro: qualcosa si muove. Si consolidano i primi segnali di ripresa per l’occupazione dei giovani, già registrati nel corso del 2016. Nei primi sei mesi di quest’anno gli occupati con un’età compresa tra i 15 e i 34 anni hanno raggiunto i 5.108.000 unità, con un incremento di 67.000 giovani rispetto al primo semestre del 2016. La variazione positiva è stata dell’1,3% e ha portato la quota dell’occupazione giovanile, sul totale delle persone che lavorano, al 22,3%, un punto decimale in più rispetto allo stesso periodo del 2016. Il tasso di occupazione, calcolato sul totale delle persone della stessa fascia d’età, è del 40,7% e nel confronto fra i primi tre mesi di quest’anno e il trimestre successivo aumenta di un decimale, confermando una tendenza comunque positiva. Tendenza che si rispecchia nella diminuzione del tasso di disoccupazione, ancora però molto alto: il 20,8%, oltre 9 punti in più rispetto al tasso riferito all’intera popolazione in età lavorativa. Il 65,9% dei giovani di 18-34 anni dichiara di conoscere i voucher per il lavoro accessorio e il 53,6% di essere informato dell’esistenza del lavoro interinale o in somministrazione, ma solo il 48,6% conosce il programma Garanzia Giovani e meno di un terzo ha una reale conoscenza delle politiche attive del lavoro.

Il doppio volto dell’invecchiamento dell’occupazione. Tra il 2008 e il 2013 la popolazione con almeno 50 anni è aumentata di 1.795.000 unità e tra il 2013 e il 2016 di altri 1.176.000. Nello stesso tempo l’occupazione degli over 50 segna un aumento complessivo di circa 1.300.000 unità, con un 20,1% in più nel periodo compreso 2008-2013 e un ulteriore +16% nel periodo 2013-2016. Si arriva così a 7.768.000 occupati con almeno 50 anni. La catena degli effetti dell’invecchiamento della popolazione non risparmia l’area delle persone anziane in cerca di occupazione. Nel 2016 i disoccupati con 50 anni e oltre hanno raggiunto la cifra di 501.000, pari a 17 disoccupati su 100 totali. Se tra il 2013 e il 2016 il numero delle persone in cerca di occupazione si è ridotto di 57.000 unità, con un decremento dell’1,8%, quello dei disoccupati con almeno 50 anni è invece aumentato di 60.000 unità, con una crescita del 13,7%. I dati più recenti, riferiti al secondo trimestre di quest’anno, registrano invece un aumento di 336.000 occupati over 50 rispetto al secondo trimestre del 2016 (+4,3%), portando il totale a 8.107.000. Il quadro dell’invecchiamento dell’occupazione è fortemente condizionato dalle scelte di contenimento della spesa previdenziale e dallo spostamento in avanti per decreto dell’accesso alla pensione. Nel 2015 i beneficiari delle politiche attive del lavoro sono stati pari, secondo l’Inps, a poco meno di 1,5 milioni. I beneficiari con almeno 50 anni sono stati 168.671, pari all’11,5% del totale degli assistiti.

Donne e lavoro, tra adattamento e normalizzazione. Le donne migliorano la loro condizione occupazionale nel corso degli ultimi mesi. Tra il primo semestre 2016 e il primo semestre 2017 il successo nella ricerca di un lavoro ha premiato 133.000 donne, con un incremento dell’1,4% delle donne occupate a fine periodo. Il tasso di occupazione sale di quasi un punto, due decimali in più rispetto all’aumento del tasso di occupazione maschile. A fronte di una maggiore partecipazione (il tasso di attività femminile aumenta dello 0,9% tra i due semestri) si estende, seppure di un solo decimo di punto, il numero delle donne in cerca di un impiego, portando il tasso di disoccupazione a crescere di 4 decimi di punto. Nel 1977 il divario tra il tasso di occupazione maschile e quello femminile era pari a 41,4 punti percentuali. Il primo semestre di quest’anno ci consegna un’immagine ancora non positiva, poiché i punti del divario si sono ridotti notevolmente, ma la distanza da colmare è ancora di ben 18 punti. Il profilo dell’occupazione femminile indica una maggiore propensione a puntare sull’area del lavoro indipendente. Tra il 2015 e il 2016 le donne alla guida di un’impresa sono cresciute del 6,9% e la libera professione ha visto allargarsi la platea femminile del 7,6%. Nello stesso periodo aumenta del 3,6% il numero di donne dirigenti, mentre quello relativo agli uomini mostra il segno negativo (-0,3%), così come risulta in diminuzione dello 0,6% il dato riferito agli uomini nei livelli direttivi e quadri, mentre le donne crescono del 2,1%.

Equo compenso e professioni, un argine al «caporalato intellettuale». L’80% degli avvocati e il 74% dei consulenti del lavoro indica nel mancato o ritardato pagamento della prestazione da parte di clienti il principale problema che il professionista ha dovuto affrontare negli ultimi due anni svolgendo la propria attività. Seguono per entrambe le professioni il peso crescente dei costi sostenuti per motivi burocratici (il 66% degli avvocati, il 47% dei consulenti), mentre al terzo posto gli avvocati collocano il calo della domanda (45%) e i consulenti l’aumento della concorrenza sleale da parte di chi lavora in nero o chi offre prestazioni e servizi professionali pur non avendo le idonee qualifiche (40%). Una evidenza dello stato di disagio in cui si trova il mondo delle libere professioni è del resto fornito dall’andamento di lungo periodo della quota di giovani sul totale dei liberi professionisti. Complice certamente la crisi, tra il 2006 e il 2016 sembra appannarsi l’attrattività della libera professione: il numero dei liberi professionisti under 40 in Italia si è ridotto di circa 10 punti percentuali, mentre in termini assoluti, a fine periodo, si registrano 20.000 unità in meno. La variazione negativa sul totale degli occupati con meno di 40 anni è del 27,1%, mentre tra il 2013 e il 2016 si assiste a un deciso rallentamento nella tendenza, fino a quell’anno crescente, della quota dei giovani professionisti sul totale dei giovani occupati (intorno a 5,4 professionisti su 100 giovani occupati).

La contrattazione recente e la domanda di innovazione nella rappresentanza. A giugno di quest’anno, dei 75 contratti collettivi nazionali più rappresentativi, 40 risultavano in vigore e di riferimento per 7,6 milioni di dipendenti, mentre 35 erano in attesa di rinnovo, rappresentativi di 5,3 milioni di dipendenti. Tra questi ultimi, 15 riguardano il pubblico impiego (2,9 milioni di dipendenti), fermi dal 2009. I restanti, relativi all’industria e ai servizi privati, coinvolgono una platea di circa 2,4 milioni di dipendenti. La durata della vacanza contrattuale risulta in crescita e ha raggiunto, ad agosto di quest’anno, i 67,5 mesi per i lavoratori con contratto scaduto (era di 39,2 ad agosto del 2016). Cgil, Cisl e Uil hanno visto ridursi il numero complessivo degli iscritti, con una diminuzione tra il 2015 e il 2016 di oltre 180.000 tessere. Su 11,8 milioni di iscritti ai tre sindacati, 6,2 milioni sono costituiti da lavorativi attivi (che comunque dello 0,2%) e 5,2 milioni da pensionati (che invece diminuiscono del 3,9%), manifestando l’esigenza di una maggiore inclusione da parte dei soggetti di rappresentanza verso categorie e segmenti non tradizionalmente coperti dall’azione sindacale.

 

1 Dicembre 2017