Comunicati Stampa

Il capitolo «Processi formativi» del 52° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2018

Roma, 7 dicembre 2018 – Alternanza scuola-lavoro: è tempo di bilanci. Nell’anno scolastico 2017-2018 si è concluso il primo triennio di attuazione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro nella scuola secondaria di II grado, così come delineati dalla «Buona scuola». Secondo i dirigenti scolastici consultati dal Censis emerge che nei licei la principale criticità è lo scetticismo da parte dei docenti per la temuta contrazione del tempo per le discipline curricolari (punteggio 6,85 in un range da 1=nessuna criticità a 10=massima criticità). Segue la realizzazione di un numero troppo alto di percorsi in alternanza, a causa di eterogeneità e piccola dimensione delle strutture disponibili (6,45). Minori sono i livelli di problematicità segnalati per i percorsi tecnici e professionali. Ci sono però differenze tra gli istituti del Centro-Nord e quelli delle aree meridionali del Paese, che anche a causa della rarefazione del tessuto imprenditoriale lamentano una maggiore difficoltà nel coinvolgere le imprese. Il 51% dei dirigenti è molto d’accordo e il 32% abbastanza d’accordo sul fatto che l’alternanza scuola-lavoro disegnata dalla riforma sia una pratica positiva, migliorabile e da continuare per accrescere l’occupabilità degli studenti.

Sicurezza e benessere a scuola. Nello scorso anno scolastico gli edifici senza certificato di agibilità erano 21.606 (il 53,8% del totale), senza certificato di prevenzione incendi 23.907 (59,5%) e senza entrambe le certificazioni 15.946 (39,7%). È il Lazio la regione in testa alla classifica della non conformità con oltre il 70% degli istituti scolastici privi delle due certificazioni, seguita da Sardegna (65,1%), Abruzzo (63,4%) e Calabria (63,3%). Oltre un quinto degli edifici scolastici (23,1%) è stato costruito prima del 1960 (quota che supera il 40% in Campania), il 28,2% è nato per un uso diverso da quello scolastico (in Liguria si arriva al 49,8%). Secondo gli oltre 900 dirigenti scolastici interpellati dal Censis, sono gli episodi di bullismo (75,9%), cyberbullismo (67,3%) e furti ai danni di altri studenti o insegnanti (60,4%) a interferire più frequentemente con il normale vissuto scolastico. A questi si aggiungono gli atti di vandalismo verso la struttura e le dotazioni (54,4%), insubordinazione o violenza verso il corpo docente (42,4%), discriminazione verso donne, stranieri o disabili (34,3%). Lo spaccio e il consumo di droghe nelle vicinanze della scuola sono segnalati dal 31%, il consumo da parte degli studenti dal 23,9%. Per contrastare a scuola uso e spaccio di droghe, il 64,6% dei dirigenti si è dichiarato molto d’accordo nel privilegiare la collaborazione tra scuole, aziende sanitarie locali e associazioni che operano nella prevenzione, il 54,5% ritiene necessario preparare meglio gli insegnanti, il 45,7% punta sulla necessità di lavorare in via preventiva su informazione ed educazione degli studenti, il 46,7% ritiene comunque che il rafforzamento di videosorveglianza e controlli fuori dalle scuole più a rischio tranquillizzi famiglie e ragazzi.

Le dinamiche di internazionalizzazione di domanda e offerta di istruzione universitaria. Grande è il consenso tra le nuove generazioni europee, e tra i giovani italiani in particolare, verso ogni tipo di esperienza che abbia la transnazionalità a fattore comune. Gli scambi interculturali tra scuole e università dell’Ue sono considerati molto importanti dal 69% dei giovani italiani, a fronte del 53% degli europei. La creazione di lauree erogate da reti di università europee, con la possibilità di studiare in diversi Paesi, è giudicata molto importante dal 67% degli italiani (valore medio europeo: 54%). Nel 2016 35,5 studenti europei su 1.000 erano iscritti in un Paese Ue diverso da quello di origine (nel 2013 erano 33,2 su 1.000). In Italia nel 2013 erano 1,8 ogni 1.000 e 2,4 nel 2016, con uno scarto superiore rispetto a Francia (da 2,4 a 2,8 ogni 1.000 studenti), Spagna (da 1,2 a 1,4) e Regno Unito (da 0,5 a 0,8). Il Paese europeo più scelto dagli italiani è l’Austria (23,1 studenti 1.000), seguita da Regno Unito (4,6), Francia (3,0), Spagna (2,9) e Germania (2,2). In Italia i corsi a carattere internazionale nell’anno accademico 2017-2018 sono 862, di cui 341 totalmente e 161 parzialmente in inglese. Rispetto a due anni prima, i corsi erogati in lingua italiana sono diminuiti del 2,1%, quelli completamente (+37,5%) o parzialmente (+147,7%) in inglese son molto cresciuti. Sono ingegneria-architettura e il gruppo economico-statistico le due aree disciplinari che accolgono le quote più alte di corsi a carattere internazionale, rispettivamente con il 34,4% e il 31,8% del totale.

Educazione degli adulti: per molti, ma non per tutti. Nel 2016 il 41,5% degli italiani tra i 25 e i 64 anni aveva partecipato ad attività formative formali e non formali, con un aumento rispetto al 2011 di 5,9 punti percentuali. Il valore è più basso della media europea (45,1%) e lontano da Paesi Bassi (64,1%), Svezia (63,8%), Regno Unito (52,1%), Germania (52%) e Francia (51,3%). Permane la differenza di genere: partecipa il 44% degli uomini di 25-64 anni contro il 39,1% delle donne. La partecipazione degrada con l’età, più lentamente fino alla fascia d’età 45-54 anni (41,8%), più bruscamente tra gli over 54 (33%). Il 75,4% di chi ha partecipato ad attività non formali ha preso parte ad attività correlate al lavoro (il 59% ad attività di iniziativa datoriale). Il 33,3% dei 25-64enni ha partecipato ad attività job-related, perlopiù promosse dal datore di lavoro (27,1%). Si contrappone uno zoccolo duro di 25-64enni (43,3%) che non ha partecipato ad attività formative formali e non vuole parteciparvi in futuro, cui si aggiunge il 16,2% di chi, pur avendo partecipato, ritiene conclusa la propria esperienza formativa. Gli adulti italiani sono meno pro-attivi degli europei nel ricercare occasioni di apprendimento. Lo ha fatto il 14,3% dei 25-64enni, a fronte di una media europea del 21,9%.

Formazione per la cittadinanza, formazione per il professionista: le iniziative innovative dell’Enpab. Il sostegno alla professione rappresenta uno dei pilastri delle azioni di welfare integrato che le Casse previdenziali dei liberi professionisti hanno sviluppato per rispondere ai bisogni diversificati dei propri iscritti. In modo del tutto originale, l’Enpab (Ente nazionale per la previdenza e l’assistenza a favore dei biologi) ha dato avvio a due progetti per supportare una platea giovane di iscritti: la Giornata nazionale del biologo nutrizionista, che mette in contatto un numero crescente di professionisti con i cittadini per educarli ad abitudini alimentari e stili di vita corretti, e il progetto Biologi nelle scuole, per la realizzazione di un percorso educativo rivolto ai bambini delle elementari. Una indagine del Censis finalizzata a valutare il livello di gradimento dei biologi che hanno partecipato evidenzia come gli stessi biologici ritengano strategiche queste iniziative per la propria crescita professionale: l’84,6% nel primo caso, il 96,1% nel secondo. Tra gli aspetti più apprezzati c’è il fatto che anche la collaborazione e il confronto con i colleghi è risultato un valore aggiunto: per il 99,7% nel primo caso, il 99,2% nel secondo.

 

7 Dicembre 2018