Comunicati Stampa

Il capitolo «Processi formativi» del 48° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2014

Roma, 5 dicembre 2014 – Investire nell’infanzia. Solo il 54,6% dei Comuni italiani ha attivato servizi per l’infanzia, arrivando a coprire appena il 13,5% dei potenziali utenti: una percentuale lontana dalla copertura del 33% dei bambini sotto i 3 anni posta come obiettivo comunitario. In nessuna regione l’obiettivo è stato raggiunto: si va dal 27,3% dell’Emilia Romagna al 2,1% della Calabria. Secondo un’indagine del Censis sull’offerta prescolare, più di una scuola su tre ha creato liste d’attesa, comunque via via assorbite dalla scuola stessa (25,5%) o da altre scuole (7,4%). Il 10% dei dirigenti scolastici dichiara di non essere riuscito in ogni caso a rispondere alla domanda espressa dal territorio di riferimento, valore che sale al 16,2% nelle regioni del Nord-Ovest.

Quando la scuola incontra il lavoro. Negli ultimi anni l’alternanza scuola-lavoro si è diffusa in maniera sostenuta: si è passati dai 45.879 studenti coinvolti nel 2006-2007 ai 227.886 del 2012-2013. Sono oggi coinvolte quasi 78.000 strutture ospitanti, tra imprese (il 58,2% del totale), professionisti, strutture pubbliche (enti locali, scuole, Asl, università, camere di commercio, ecc.). Nonostante la vivacità dimostrata, i percorsi di alternanza coinvolgono però appena il 9% degli studenti di scuola secondaria superiore. Per quanto riguarda i percorsi di istruzione tecnica superiore (Its), dal primo periodo di sperimentazione 2010-2012, con 59 Fondazioni e più di 70 percorsi avviati, si è giunti oggi a 64 Fondazioni (più 10 in corso di attivazione), 240 percorsi tra già realizzati, in attuazione e in corso di attivazione, e circa 5.000 studenti. I referenti delle 41 Fondazioni intervistate nell’ambito di una indagine del Censis si dichiarano in maggioranza molto (31,7%) o abbastanza (56,1%) soddisfatti degli esiti occupazionali dei primi diplomati.

L’attuazione della scuola digitale secondo i dirigenti scolastici. 100 studenti italiani iscritti all’ultimo anno della scuola secondaria di I grado o al terzo della scuola secondaria di II grado dispongono rispettivamente di 8,3 e 8,2 personal computer. Tuttavia, 100 loro coetanei europei dispongono mediamente di 21,1 e 23,2 pc. Il 25,3% degli studenti di terza media e il 17,9% dei loro colleghi del terzo anno della scuola superiore frequentano scuole prive di connessione alla banda larga, a fronte di corrispondenti valori medi europei di gran lunga inferiori (rispettivamente, 5% e 3,7%). La frequenza di scuole dotate di ambienti di apprendimento virtuale è un’esperienza che coinvolge il 19% degli studenti in uscita dalla scuola media di I grado e il 33% degli iscritti al terzo anno della secondaria di II grado, quote ancora una volta sensibilmente inferiori alle medie europee (nell’ordine, 58% e 61% di studenti in età corrispondente). I dirigenti si scuola secondaria di II grado intervistati dal Censis ritengono che le soluzioni migliorative praticabili siano la creazione di piattaforme per il reperimento e la fruizione di materiale e servizi didattici (86,6%), il passaggio da una logica di proprietà (di infrastrutture, dispositivi, ecc.) a una logica di servizio (a canone) (68,2%), puntando sull’autonomia delle scuole per l’adeguamento strutturale (70,5%).

La pratica sportiva a scuola tra retorica educativa e carenze strutturali. Da un’indagine del Censis su 2.425 istituti di istruzione secondaria emerge una dotazione di strutture sportive parzialmente deficitaria, che riflette non solo un divario tra le scuole del Nord e quelle del Sud, ma anche secondo i diversi indirizzi di studio. Gli istituti che si compongono di più plessi si caratterizzano prevalentemente per una qualità/adeguatezza dei loro spazi, impianti e attrezzature non omogenea (66,7%). Ciò è particolarmente vero al Sud (72%) e negli istituti professionali (69,8%). Il 39,7% è privo di strutture sportive, percentuale che al Sud sale al 43,2%. Attualmente il contributo finanziario aggiuntivo per attività e manifestazioni sportive a scuola è molto limitato: solo il 13% dei dirigenti dichiara di avere ricevuto contributi negli ultimi cinque anni.

L’università italiana: un sistema sempre più territorialmente connotato. Tra il 2008 e il 2013 gli iscritti alle università statali sono diminuiti del 7,2% e gli immatricolati del 13,6%. L’andamento decrescente ha interessato tutti gli atenei tranne quelli del Nord-Ovest, dove gli iscritti sono aumentati del 4,1% e gli immatricolati dell’1,3%. Nelle università del Nord-Est la contrazione dell’utenza è stata più contenuta: -2,3% di iscritti e -5,9% di immatricolati. Al Centro il numero degli studenti iscritti si è contratto del 12,1% e quello degli immatricolati del 18,3%. Negli atenei meridionali rispettivamente dell’11,6% e del 22,5%. L’ulteriore contrazione dell’indice di attrattività degli atenei meridionali conferma la presenza di criticità strutturali note, inserite nell’ambito di contesti territoriali segnati da derive di sottosviluppo economico di lungo periodo. Aumenta l’incidenza delle tasse di iscrizione sul totale delle entrate delle università italiane: da un valore intorno all’11% dei primi anni 2000, le entrate contributive si attestano al 13% nel 2010, per poi raggiungere nel 2012 quota 13,7%. I dati disaggregati per ripartizione territoriale indicano una separazione netta nel tempo degli andamenti delle entrate contributive tra le università settentrionali, da un lato, e quelle centrali e meridionali, dall’altro. Le prime si pongono al di sopra delle medie nazionali e oltre la soglia del 15% sia nel 2011, sia nel 2012; le seconde, invece, al di sotto.

 

5 Dicembre 2014